The hostile city: strategies and architectures of exclusion in contemporary metropolises
DOI:
https://doi.org/10.6093/2723-9608/7933Parole chiave:
città, architettura ostile, marginalità, ordine, decoroAbstract
Tutte le società finora conosciute hanno da sempre escogitato delle strategie da applicare nei confronti di coloro che, non avendo una collocazione stabile all’interno dello spazio sociale, sono percepiti come una minaccia per l’ordine, la sicurezza e il decoro. Si tratta di un’umanità dichiarata inutile, nemica e superflua oggetto di inedite strategie d’azione che, a seconda delle circostanze, producono indifferenza, separazione ed esclusione (Bauman 2007).
Tra queste strategie particolare interesse assume, all’interno delle metropoli contemporanee, un’inedita progettazione dello spazio urbano meglio conosciuta come “architettura ostile” (Petty 2016; Savicic, Savic 2012) che, sostanzialmente, si configura come un approccio di tipo securitario e disciplinare a problemi sociali e strutturali, legati soprattutto alla marginalità e alla povertà.
Il paper proporrà, dunque, una riflessione sociologica su queste strategie e, in particolare, su quella che si configura come una vera e propria “architettura dell’ordine” (Di Cesare 2020; Ascari 2019), cioè un tipo di architettura che prevede una massiccia presenza all’interno delle nostre città di arredi urbani come punte, sporgenze, panchine con dissuasori, reti metalliche, recinzioni e ostacoli di ogni genere che hanno il compito di rendere ancora più complicata la vita di chi è già ai margini della città: i poveri, gli stranieri, le controculture (Ascari 2019). Prendendo in considerazione la letteratura nazionale e internazionale sul tema, il presente contributo cercherà di ricostruire le dinamiche e gli effetti sociali di un modo di concepire la città in cui tendenze securitarie e di controllo rappresentano una vera e propria guerra nei confronti delle categorie più fragili e marginali, aprendo la strada a un’idea di città sempre più ostile e respingente.