Qual è il tuo pronome? Riflessioni su questioni di genere nelle lingue europee
DOI:
https://doi.org/10.6092/2723-9608/7154Parole chiave:
Genere, Lingua, Pronomi, Non binary, GenderlessAbstract
Le trasformazioni sociali, politiche e culturali che nel corso degli ultimi decenni hanno modificato i rapporti tra i generi trovano un loro importante corrispettivo negli usi linguistici, che da un lato riflettono le trasformazioni e dall’altro le sostengono e le rafforzano. Queste innovazioni negli usi linguistici riguardano in particolare, in molte lingue europee, l’uso appropriato del genere femminile quando ci si riferisca alla professione o alla funzione svolta da una donna. In questo senso l’italiano sembra accogliere la trasformazione con ritardo (Avvocata? Avvocatessa? Donna avvocato? Avvocato donna?) rispetto a lingue come francese, tedesco e spagnolo dove le forme femminili non sono più messe in discussione (avocate/Anwältin/abogada). L’inglese, d’altro canto, non disponendo di un sistema di generi simile a quello delle lingue menzionate, va nella direzione opposta, eliminando le poche tracce di distinzione precedentemente esistenti (non più actress/actor ma solo actor o performer, etc.). Un caso particolarmente delicato e interessante è quello dei pronomi: se in tutte le lingue è naturale usare il pronome appropriato al genere al genere della persona, cosa fare quando non conosciamo il genere della persona in questione? In alcune lingue sono nate forme nuove di pronome ambigenere per evitare le ripetizioni: in inglese each student must bring his/her own book diventa each student must bring their book; in svedese han/hon (lui/lei) diventa hen pronome uguale per tutte e tutti. Queste forme ambigenere tra l’altro sono utilizzate anche dalle persone non binary e gender fluid per sfuggire alla scelta obbligata tra maschile e femminile. Infine, il problema della ridondanza delle forme maschili e femminili ripetute (cari colleghi e care colleghe, ecc.) ha portato alla ricerca di nuove convenzioni ortografiche, come, nel caso dell’italiano, il ricorso all’asterisco (car* collegh*) o, più di recente, del simbolo IPA per lo schwa (car« collegh«).