Idealizzazione, creazione e snaturamento del paesaggio
DOI:
https://doi.org/10.6092/2281-4574/1163Parole chiave:
paesaggio, creatività, idealizzazioneAbstract
Già nella coscienza del cacciatore paleolitico è possibile intuire l’esistenza di una primitiva idea di paesaggio e di un’innata volontà creativa nei suoi confronti. A partire dalle origini, la storia delle civiltà può pertanto percorrersi sulle tracce del progressivo intensificarsi del dialogo tra uomo e paesaggio, sino agli esiti più recenti e alla rottura irreversibile degli equilibri tra ambiente antropizzato e naturale. Eppure, al di là delle trasformazioni fisiche prima godute e poi subite dal paesaggio per effetto del lavoro dell’uomo, esiste una costante imprescindibile del rapporto tra individuo e natura che risiede oltre la contingenza del mondo tangibile e che attiene alla dimensione ideale del mito e dell’immaginazione. Da sempre, infatti, il paesaggio ha costituito anche il tramite della nostra relazione con la dimensione immateriale dell’esistenza. In quest’ottica è possibile inquadrare il culto del giardino, così come il paesaggio artistico e quello letterario, espressioni dell’urgenza intellettuale di afferrare ciò che sfugge ad una visione realistica, per trattenerlo nell’immaginario e nella coscienza collettiva.
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