L’inevitabile confl itto, nel paesaggio, fra conservazione e processualità
DOI:
https://doi.org/10.6092/2281-4574/1151Parole chiave:
paesaggio, conservazione, cittàAbstract
Il paesaggio si carica di tempo, riflettendo le ricadute politiche, economiche e culturali correlate alla processualità. Il paesaggio antropizzato è paragonabile ad un palinsesto in cui sovrapposte scritture documentano modi di pensare e di agire diversi. L’individualismo di massa ed il globalismo hanno ridimensionato, anche nel territorio, la centralità della politica, enfatizzando, con il ruolo del mercato, l’ideologia del consumo. La negazione della cultura del piano ha conseguentemente favorito gli interventi per frammenti urbani: privilegiando il fare edilizia al fare città.
“Nuovo è migliore”, la formula vincente ovunque e comunque la si pratichi, diviene determinante nella spirale involutiva che ha sostituito “le regole del gioco” con “il gioco delle regole” viaggiante nell’ambiguità e nell’incertezza; ne costituisce corollario il “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio” che unisce due materie che, a giusta ragione, la legge quadro del 1939 aveva tenuto separate essendo il Bene Culturale, oggettivamente individuabile , persistenza della memoria “autonoma” dal divenire , ed il Paesaggio un bene che si carica, nel tempo, di mutevole storicità.
Il nostro tempo sembra configurarsi, nel rispetto della formula, saturo di “simultaneità”, senza passato e senza futuro, schiacciato dal presente, antitetico ai valori affermativi del passato testimoniati dai beni culturali e dal paesaggio.
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