La mutazione antropologica e la metamorfosi della città; un tema su cui merita interrogarsi.
DOI:
https://doi.org/10.6092/2281-4574/1424Abstract
L’intercettazione dello spirito del tempo è antefatto al ripensamento della città. Nel presente si sovrappongono il tardo-moderno (in declino) e il postmoderno (in espansione). Il postmoderno ha prodotto una mutazione antropologica, ha cambiato gli orizzonti valoriali e comportamentali dell’ultimo uomo, sostituendo riferimenti effimeri ai fondamenti connotativi del tardo-moderno. Lo scenario in essere ha modificato il rapporto con il passato, in particolare con il contesto urbano. E’ pertanto privo di senso ripensare la città in base al “già visto”; la consapevolezza di ciò che siamo diventati richiede, piuttosto, la coniugazione dei valori ritenuti irrinunciabili con gli statuti della mutazione. Nella globalizzazione la città è stata restituita a chi la abita. Il mercato è subentrato al piano; intervenendo per “frammenti” replica il quadro valoriale. Nell’esperienza architettonica, invece, si è prodotta una rivoluzione linguistica. L’ “hybris” promossa, nella realtà, dal mix mercato-virtualità – sino a ieri ritenuta irresistibile – è stata umiliata dalla crisi in atto. Si prospetta, nella città, l’interrogativo – per ora inevaso – se la crisi possa essere una opportunità per rettificare il mercatismo irresponsabile e l’arbitrarietà virtuale. Al proposito la ragione consiglia l’ “ascolto” degli indizi di una ulteriore trasformazione “in fieri”; detto altrimenti invita a “lasciare che la storia si svolga e niente più”.
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