Il quesito nel referendum costituzionale: leggi di riforma organica o a contenuto plurimo?
DOI:
https://doi.org/10.6092/2421-0528/6437Abstract
L’esercizio della libertà di voto e la possibilità di una sua compressione in ragione dell’eterogeneità del quesito referendario sottoposto al vaglio del corpo elettorale, pur annoverata tra le problematiche da sempre oggetto di particolare attenzione da parte della dottrina, è tornata ad assumere particolare centralità in seno alla riflessione gius-pubblicista in conseguenza della consultazione referendaria svoltasi lo scorso dicembre, nell’ambito della procedura di revisione costituzionale volta a riscrivere più parti del testo fondamentale. In particolare, già in ragione del titolo, tale quesito ha fortemente riacceso il dibattito sull’incidenza che, negativamente, può essere esercitata ai danni della volontà referendaria da una riforma dai contenuti disomogenei, quid est a contenuto plurimo. A fronte del possibile svilimento della volontà del corpo elettorale, la ricerca di utili correttivi nel sistema è destinata ad essere infruttuosa. Già sottratto alla disponibilità del corpo elettorale quanto alla sua formulazione, il quesito referendario, in ipotesi di specie, non sembra possa essere assunto ad oggetto di sindacato di ammissibilità da parte della Corte Costituzionale, né tantomeno pare poter essere costretto al rispetto di una certa struttura, a mezzo di una qualsiasi legge ordinaria. Piuttosto, una sorta di correttivo del sistema può rintracciarsi nell’atteggiamento del corpo elettorale, il cui voto, contrario a progetti di riforma di questo tipo, può tradursi in un efficace strumento di valutazione non solo dei contenuti, ma della stessa struttura del quesito in cui si è espresso l’intento riformista.