LA CITTA' di MEZZO. Un presente fragile tra passato prossimo e passato remoto
DOI:
https://doi.org/10.6092/2281-4574/6096Abstract
Il degrado urbano investe non solo la città consolidata, specie dove la ricchezza del suo patrimonio storico, architettonico ed artistico costituisce il motore della sua vivacità sociale, economica e culturale, né tantomeno i quartieri realizzati dalla mano pubblica ai margini estremi delle sue periferie, sui quali il dibattito urbanistico dell’ultimo quarantennio ha centralizzato le sue attenzioni, ma soprattutto le aree di promiscua separazione che intervalla i due assetti insediativi, dove la dismessa pratica dell’agricoltura ha ceduto il passo allo spontaneismo costruttivo collocantesi a metà strada tra l’abusivismo residenziale, “cosiddetto di necessità”, e la speculazione fondiaria ed edilizia che ha imperversato a decorrere dal secondo dopoguerra, favorita dall’assenza di una opportuna pianificazione esecutiva. Conseguentemente le “aree di scarto” che ne sono risultate, quelle meno accessibili per carenza infrastrutturale e per caratterizzazione morfologica dei siti, peraltro non classificabili come “vuoti urbani”, come “ambiti di recupero” o come “zone bianche”, sono apparse troppo frammentate per essere prese in debita considerazione dalla pianificazione ordinaria che continuava a prospettarle come aree rurali. Il loro “disuso” produttivo le ha esposte ad un progressivo degrado sociale, economico, paesaggistico ed ambientale, convertendo in negatività l’insieme delle positività derivante dai rapporti di vicinanza che le avevano tradotte in “area di attesa” urbanizzativa.
Di qui la nascita della cosiddetta “città di mezzo”, indeterminato spazio ospitante precarie urbanizzazioni, nata e sviluppatasi al di fuori di una logica e di un disegno programmatorio e pianificatorio, che non è stata interessata, se non marginalmente, dal recupero, dal risanamento e dalla riqualificazione (ambientale, sociale, economica e culturale) del patrimonio insediativo versante in condizioni di degrado. La “città di mezzo” nata dalla sconfitta del piano e del progetto, ha preso a svilupparsi da sé, con la medesima fragilità che ha contraddistinto la sua genesi.
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