Il ruolo della distanza geografica da università e centri di ricerca nella crescita di resilienza delle aree marginali: il caso dell’area est di Napoli
DOI:
https://doi.org/10.6092/2281-4574/3736Parole chiave:
aree marginali, prossimità geografica, università e territorio, trasferimento tecnologico.Abstract
Il tema relativo alle aree marginali, per quanto molto dibattuto in letteratura di settore, risulta ancora aperto a contributi scientifici che mettano sempre più in risalto aspetti di tipo quantitativo piuttosto che qualitativo, soprattutto con riferimento alla modellazione di variabili di influenza rispetto ai processi di sviluppo territoriale. Pertanto l’analisi proposta ambisce ad approfondire proprio il legame tra resilienza socio-economica e sviluppo locale, evidenziando il fatto che sia la capacità innovativa territoriale che la prossimità geografica possono e devono essere considerati fattori caratterizzanti la resilienza socio-economica, in quanto strumenti in grado di generare nei territori una forte capacità di adattamento agli impatti negativi dei cicli economici.
Nel presente articolo, al fine di sostenere la tesi che la capacità di innovazione e soprattutto la prossimità geografica possono favorire lo sviluppo di politiche economiche attente ai contesti locali, dopo un’accurata disamina della letteratura scientifica di settore, viene argomentata la questione esposta e soprattutto viene declinata al particolare sotto caso di aree geografiche urbane marginali.
A corredo dell’analisi proposta, viene presentata un’analisi empirica relativa ad un caso reale basato sulla analisi degli impatti del recente insediamento di un grande centro di ricerca, il centro Cesma dell’Università degli Studi di Napoli Federico II nell’area orientale della città di Napoli.
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