Innovazione, eresia e paesaggio
DOI:
https://doi.org/10.6092/2281-4574/1161Parole chiave:
paesaggio, innovazione, cittàAbstract
Allorquando ci si immerge nella riflessione su categorie incidenti sulla percezione maturatasi sul valore delle cose, si delineano nelle nostre menti due tradizioni intellettuali antagoniste. Da un lato l’estetica della contemplazione fa risplendere il luminoso volto dei “luoghi delle delizie”, o “delle meraviglie”, rappresentati dal Rizzi Zannoni al tramonto del secolo dei lumi, e dall’abate Antonio Stoppani nel famoso volume “Il Bel Paese” (1874), che tanto ha inciso nell’affermarsi dei valore di paesaggio sulle generazioni formatesi agli albori del secolo delle nazioni d’Europa. Dall’altro il cinismo della ragione conduce ad esaltare il “malessere urbano” che incide nelle nostre vite, attribuendo ruolo al pensiero critico e creativo, che si alimenta attraverso la ricerca di risposte idonee a fronteggiare il malessere, in questa stagione della storia immersa nella dialettica tra locale e globale.
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